sabato 30 agosto 2008
Beatrice Regina della Scala
mercoledì 6 febbraio 2008
Il periodo storico e i cambiamenti tra l'800 e il 900
Testimonianze in rete
La Scuola Elementare Statale "Francesco della Scala"
Cerco altre foto d'epoca e materiale documentario sulla costruzione della scuola.
In Memoria del Comm. Francesco della Scala
vittorioso o vinto il candidato politico che sosteneva.
Dove riposto il segreto di tale potenza? Nel fascino che l'uomo esercitava su quanti vivevano la sua vita quotidiana e su quelli che lo avvicinavano sia pur per giorni o per istanti ; - nella sua multiforme ed instancabile attività di pubblico amministratore a beneficio del singolo e della collettività.
Chiedeva, pregava, comandava, implorava - mentre non ha mai chiesto, pregiato, comandato, implorato per se! - Ed otteneva, e come! -Tutti perciò avevano la intima, la ferma convinzione della sua illimitata potenza.
Intima, tenace convinzione che diveniva granitica nel periodo delle lotte elettorali, sino al giorno della votazione, e che suscitava urli di entusiasmo quando le urne, immancabilmente, consacravano la vittoria strepitosa del suo partito, che in fondo non era che vittoria sua personale.
Bisognava vederlo, durante il periodo di maggior combattimento, bisognava allora essergli a fianco: sereno, calmo, sorridente - la certezza assoluta del trionfo gli si leggeva negli occhi e sul viso...
Ricordo una immane, violenta lotta amministrativa dell'immediato anteguerra - che seguiva una non meno immane e violenta lotta politica nella quale il candidato sostenuto dal partito Della Scala era rimasto soccombente; - la prima lotta che si affrontava col suffragio universale. Tutti i più contrastanti partiti e le più contrastanti fazioni della cittadina di Cinquefrondi e del mandamento tutti si erano coalizzati contro Della Scala. - I comizi si succedevano ai comizi, le dimostrazioni alle dimostrazioni. Sembrava che un'ondata enorme di reazione si sollevasse per sommergere addirittura, più che il partito, uomo ; l' uomo che da lustri dominavano incrollabile, - ben tetragono ai colpi di ventura... ‑
Quasi unanime era la certezza che il Nostro dovesse fatalmente essere sconfitto. Anche i più intimi che gli stavano a lato più che trepidanti erano certi della disfatta. Pure lottavano, e da leoni, sorretti dalla fiducia nel capo, incitati dal suo esempio. Perchè egli aveva la certezza della vittoria - e la serenità del suo viso e del suo animo esercitava un fascino tale da non permettere che davanti a lui si manifestasse il più il più piccolo dubbio che potesse, sia pur lievemente, appannare quella certezza. -
La notte di sabato - precedente la giornata della votazione - all'una, con un gruppo dei suoi più fidi, io uscivo dal suo palazzo. Cinquefrondi vegliava : per le vie e nelle piazze gruppi di gente in grandissima maggioranza avversari, tanto da aversi completa la suggestione che la lotta fosse perduta per il nostro amico.
Lontani dal suo sguardo e dalla sua parola - fuori - in quell’ambiente così saturo di lotta - il dubbio rigermogliò nell’animo nostro, divenne quasi certezza. Ci guardammo in faccia silenziosi, sgomenti. Ed uno di noi - il più vicino a lui ed il più autorevole fra i suoi - mormorò come se parlasse a se stesso: « È dura... Temo che don Ciccia si sbagli... Sarebbe la prima volta... Ma... »
Tentennammo il capo, ci stringemmo le mani e ci lasciammo....
Quella notte da noi si passò insonne. ‑
La domenica una battaglia immane su tutta la linea. Alle 23,30 le urne avevano dato il loro responso : Francesco Della Scala conquistava, con enorme maggioranza, i due seggi al Consiglio Provinciale - ed i posti di maggioranza e minoranza al Consiglio comunale di Cinquefrondi.
No era per gli avversari una sconfitta, ma annientamento definitivo.
Il lunedì seguente Cinquefrondi riprendeva il suo ritmo normale di vita, e per le sue vie e per le sue piazze Francesco Della Scala immancabile sigaretta fra le labbra, le mani nelle tasche - passeggiava sereno, sorridente come se dell' immane lotta di poche ore prima egli non fosse stato attore principale, il condottiero, ma appena un indifferente spettatore. - E riprendeva la vita normale di pubblico amministratore, di non altro preoccupato che di centuplicare la sua feconda attività a beneficio del suo paese.
Sempre così. Sembrava che dicesse (con le parole di Marco Aurelio):«Io attendo al mio dovere. Gli altri oggetti non mi distraggono»
Il suo dovere era l’amore verso la sua città natia...
Perchè, come bene scrisse Bettino Ricasoli: « La devozione verso la patria non è un affetto ; ma è qualche cosa di più alto, di più assoluto... è un dovere! »
E questo dovere Francesco Della Scala sentiva in sommo grado appunto come conseguenza logica e psicologica del suo smisurato affetto verso la sua Cinquefrondi.
Oh, la potenza di questo affetto! di quali miracoli non fu capace! Quaranta anni di lotte, di sacrifizi, di trionfi - senza concedersi tregua o riposi.
Nella sua vita egli non ebbe, si può affermare con coscienza, altra missione se non quella del risanamento, della trasformazione, della rigenerazione del suo luogo natio.
Era un borgo e ne fece una cittadina ridente sotto tutti gli aspetti - ammirata ed invidiata da tutta la provincia. Non vi fu legge emessa a favore della nostra Calabria che egli non abbia sfruttata -non vi fu provvedimento al quale egli non abbia attinto a beneficio del suo paese. Sempre primo in tutto.
Mentre ultimava un edificio pubblico un altro iniziava - mentre terminava di riparare una via, un'altra ne apriva - mentre una piazza veniva trasformandosi, una villa sorgeva. Dal palazzo comunale all'edificio scolastico - dalle case popolari all'asilo infantile - dagli uffici della pretura al carcere giudiziarío - dalle fognature all' acquedotto -dai nuovi viali alle aiuole ecc... tutto è dovuto alla sua feconda instancabile attività di Cittadino e di pubblico Amministratore. E si possono forse dimenticare le lotte sostenute per lustri e lustri perchè un tronco ferroviario abbracciasse i paesi della piana nostra da Gioia Tauro a Cinquefrondi?
Il risanamento, la trasformazione, l’abbellimento, la rigenerazione di Cinquefrondi è indissolubilmente legata alla vita di Francesco Della Scala - e gli ultimi giorni, proprio gli ultimi giorni della vita mortale di questo Uomo non furono se non il coronamento, il degno coronamento di tutta una nobilissima esistenza spesa a pro' della sua cittadina. Perché minato, incurvato dal male che doveva troncare la ancor giovine esistenza - prima di entrare in una clinica chirurgica di Roma donde fatalmente non doveva che uscire cadavere - si fece accompagnare, sorreggere per trascinarsi nelle aule dei diversi Ministeri per ottenere, come ottenne, l' ultimo grandioso mutuo per il nuovo acquedotto che dovrà animare le nuove fontane della sua Cinquefrondi.
E dal letto di dolore e di morte dettò il telegramma (1) che annunziava ai suoi concittadini la nuova 'vittoria che coronava il suo ultimo atto di fede e di amore verso la terra che da lì a pochi giorni lo avrebbe ricevuto freddo cadavere! -
(1) Ecco il telegramma: a Vice Podestà - Cinquefrondi - Lietissimo comunicare odierno finanziamento progetto nuovo acquedotto cui lavori oltre milione Ministero appalterà subito. Gradisca paese mio ultimo omaggio telegrafando ringraziamenti Comm. Romano - Saluti.
Della Scala
L' istessa feconda ed instancabile attività egli portò nell' amministrazione della Provincia durante i non pochi lustri in cui ne ricoprì le cariche di Consigliere Provinciale e di Deputato Provinciale. Ed il compianto Presidente della Deputazione Provinciale, Barone Pasquale Reytani, aveva tale e tanto fiducia in lui, lo teneva in tale e tanto conto da affidargli i più delicati e difficili incarichi. - Ed in diversi congressi provinciali, a Torino come a Palermo - a Milano come a Roma - Francesco Della Scala fu il delegato per la provincia nostra.
Ma chi può seguire passo per passo la vita pubblica di Francesco Della Scala? - Improba ed ardua impresa che nemmeno tento.
Certo é che per oltre otto lustri, questo uomo fu di esempio e di monito non solo agli amministratori dei comuni del nostro ex circondario, ma ancora a quelli di tutta la regione.
E non solo nel governo e nell'amministrazione della pubblica cosa ma ancora in rapporto agli eventi o lieti o tristi della sua cittadina o della nazione egli fu sempre in prima linea - nobilissimo esempio di altruismo, di abnegazione, di sacrificio.
Il terremoto del 1908 lo trova sulla breccia a rincorare, ad aiutare, a salvare, primo fra i primi, rischiando anche la vita, tanto che una medaglia di bronzo premia questa sua nobile fatica.
Scoppia una epidemia vajolosa - ed egli è sempre in linea per isolare la epidemia, per debellarla - e quando teme che i suoi sforzi possano essere vani, fa venire in suo aiuto una Sezione della benemerita Croce Rossa - ed il male è subito debellata.
Quando la spagnuola infierisce mietendo vittime - egli è sempre in giro, attivo ed instancabile, per i tuguri e per le case, a soccorrere ad incorare - e perchè i poveri possano avere un aiuto immediato e proficuo, istituisce, fra l' altro, a spese del comune una farmacia.
E quando nel 1917 - per il disastro di Caporetto - i profughi dilagano nelle nostre contrade per sfuggire la barbarie degli invasori, Cinquefrondi - per volere di Della Scala - è fra le prime cittadine della nostra Provincia che accoglie a braccia aperte i fratelli sventurati - ed in numero rivelantissimo in rapporto agli altri comuni - aprendo loro, con le case, il cuore dei suoi abitanti.
Francesco Della Scala! - Un nome che squilla potente in questo ultimo cinquantennio della storia civile di Cinquefrondi - un nome che é scolpito in lettere d' oro su tutti gli edifici pubblici, su tutte le vie, su tutte le piazze di Cinquefrondi.
Fu combattuto Francesco Della Scala - come è umano che lo sia chi della vita - di tutta la vita - fa una missione di lotta ; - ma non fu mai vinto.
Fu avversato, fu ostacolato sulla via che percorreva con lo sguardo fisso all'unica meta: la sempre maggiore elevazione del suo paese; ma le avversità, gli ostacoli egli frantumava senza deviare, affrontandoli! - Fu invidiato e fu ammirato - fu odiato ma fu adorato.
E sulle lotte e sui trionfi - e sulle invidie e sulle ammirazioni -e sugli odii e sugli amori, Egli, ben saldo, la fronte alta, lo sguardo sereno, il volto illuminato dal sorriso - stette sempre
come torre ferma che non crolla
giammai la cima per soffiar di venti.
E così lo vedremo sempre - con gli occhi dell'animo - nel ricordo che mai si velerà se è vero - come è verissimo - che la riconoscenza e amore sono tutt' altro che vane parvenze.
E così i suoi concittadini ed i loro più lontani nepoti lo vedranno e nel presente e nell' avvenire - perchè la Cinquefrondi di oggi -così nuova, così ridente, così rigenerata - non fu che dissodata dalla forza, abbellita dal sorriso, plasmata dall' amore dell'indimenticabile suo figlio Francesco Della Scala...
aprile 1934 - XII.
Arturo Borgese
La Torre Civica di Cinquefrondi
Segue l'invio al Consiglio Superiore dei LL.PP. che lo approva nella seduta del 27/7/1931 con delibera 1864.Il 16/1/1932 il Podestà Della Scala approva il progetto definitivo e richiede il finanziamento con delibera n. 2.
Il 22/2/1932 il progetto viene approvato dall'ispettore superiore del Genio Civile.
La conferma del finanziamento avviene in data 21/6/1932 ed il Podestà indice l'appalt
La gara di appalto viene espletata l'8/10/1932 e rimane aggiudicataria la ditta Comm. Raffaele Misiti da Cinquefrondi, altri partecipanti Giordano Pietro, Giordano Giuseppe, Cosoleto Carmelo.
Si apre però un contenzioso con la ditta aggiudicataria e dopo un consistente scambio di missive tra il Podestà, la ditta ed il Prefetto si addiviene alla cessione dei lavori alla ditta COSOLETO CARMELO DA BAGNARA, la quale in data 18/2/1933 stipula il contratto.Intanto in paese si commenta il progetto e l'illustre Pasquale Creazzo invia una lettera
In data 24/4/1933 perviene una richiesta da parte del Segretario Federale del Fascio per l'apposizione di due grandi Fasci sulla base della torre e di una campana da utilizzarsi per le manifestazioni.
L' 1/6/1933 i lavori vengono consegnati, termine per la realizzazione otto mesi.
L'opera alla fine costa Lire 74.806,36 e lo stato finale è approvato con delibera n. 60 del 28/11/1936 del Podestà Cav. Francesco Pasquale (Della Scala nel frattempo era prematuramente scomparso).
All'ultimazione dei lavori è seguita una seconda perizia di variante nella quale si intendeva procedere al rifacimento della scalinata adiacente alla torre e di accesso alla Chiesa. Tale variante non fu finanziata per assenza di fondi da parte del Genio Civile. Così appariva la torre all'atto dell'ultimazione dei lavori (immagine da una cartolina viaggiata nel 1938).
Lettera di Gabriele d'Annunzio al Marchese Arturo della Scala
d'Annunzio frequenta poi lo zio Arturo durante il soggiorno del poeta a Nettuno.
Il Convitto Cicognini di Prato
La dinastia Lorenese dette grande impulso alle attività delle Collegio, perché di qui usciva buona parte della classe dirigente del Granducato. Pietro Leopoldo affidò la gestione ai sacerdoti secolari, in conseguenza della soppressione della Compagnia di Gesù, i quali si occuparono, sia dell’amministrazione, sia dell’organizzazione degli studi. Il governo granducale cedette poi al Collegio la Badia delle Sacca per farne la residenza estiva dei collegiali.
L’occupazione francese (1799-1812)
Durante le campagne in Italia di Napoleone, le truppe francesi occuparono la Toscana nel 1799 nei mesi Marzo Aprile. In tale occasione alcune aule del Cicognini vennero adibite a magazzini militari e gli stemmi e i simboli granducali rimossi. Durante l’epoca napoleonica non si ebbero significativi mutamenti. Tuttavia nel 1812 venne reso obbligatorio l’uso della lingua francese nell’amministrazione contabile e il suo insegnamento nella didattica.Dopo la caduta definitiva di Napoleone (1814), Pio VII ripristinò la Compagnia di Gesù la quale cercò di rientrare in possesso di tutti gli istituti e dei beni da essa posseduti prima della soppressione, adottando spesso metodi più o meno leciti (1813-15).La morte prematura del Rettore Niccola Bertini, sospetta di avvelenamento, venne collegata ai tentativi da parte dei Gesuiti di rimettere piede nell’Istituto, ma tale tentativo risultò del tutto vano.I sacerdoti secolari continuarono ad amministrare il Collegio fino al 1859.Con la II guerra d’Indipendenza (1859) il Regno di Sardegna, grazie all’alleanza con la Francia sconfisse l’Austria e la Toscana con un plebiscito (12-13 maggio 1860) si unì al Piemonte e alle altre regioni dell’Italia settentrionale, dando così il via all’unificazione d’Italia. Il Granduca Leopoldo II fu costretto all’esilio.
Con un regio decreto del 23\10\1862, assunse il nome di Reale Collegio Convitto e da questa data fu nominato Rettore Giuseppe Merzario, che riformò l’ordinamento didattico e amministrativo del Collegio, e che lo inserì nell’ordinamento scolastico nazionale. Durante il suo rettorato fu convittore Gabriele D’Annunzio.
La mutazione in Convitto Nazionale con un Regio Decreto del 29\7\1882 non modificò il quadro amministrativo ed educativo, conferitogli all’indomani dell’unità d’Italia. In questo periodo venne portato a termine il completamento dell'edificio, che tuttavia continuò a subire trasformazioni fino alla prima metà del 1900.
Il Secondo Conflitto Mondiale
Nel Dicembre 1943 alcuni locali del convitto furono occupati dalle truppe tedesche. Il 7 Marzo 1944 per sicurezza il convitto fu trasferito a Firenze ospite dei frati Barnabiti nella loro sede alla Querce. I Tedeschi occuparono il collegio fino al 14 Aprile 1944. Durante il conflitto il collegio subì più volte dei bombardamenti; quello particolarmente grave fu nel Luglio del 1944: molte schegge avevano colpito l'edificio provocando rotture ai vetri e danneggiandovene varie parti; in particolar modo il locale dell'infermeria era stato completamente sventrato. Dopo la liberazione di Prato, avvenuta nel Settembre dello stesso anno, il convitto fu occupato interamente dagli ufficiali e dai soldati Alleati. La requisizione del convitto da parte delle truppe Alleate terminò solo il 17 Giugno 1945. Da questo momento il collegio incominciò a riprendere le proprie normali attività.
Dopo la proclamazione della repubblica con il referendum del 2\06\1946, nel 1950 assunse il titolo di Convitto Nazionale che conserva anche al momento attuale.
Nell'ottobre di quello stesso anno la carica passò a Giuseppe Merzario, intellettuale, educatore, patriota e uomo politico di idee progressiste. Il blocco politico-sociale conservatore, che trovava i suoi punti di forza in alcuni esponenti del clericalismo e del mondo culturale fiorentino di matrice cattolica (Cesare Guasti, Nicolò Tommaseo), si oppose apertamente all'operato di Merzario, finché questi rassegnò polemicamente le dimissioni.
Negli anni 1875 – 1881, in cui fu rettore e preside Flaminio Del Seppia, fu convittore Gabriele D'Annunzio, che mostrò particolare stima per l'ex-garibaldino Tito Zucconi, suo insegnante di letteratura inglese.
Nel 1882 il Cicognini divenne statale. Alla sua guida il ministero assegnò il letterato ed educatore Ulisse Poggi, che vantava trascorsi patriottici quarantotteschi. Malgrado tensioni con alcuni insegnanti e studenti, Poggi restò in carica fino al pensionamento, avvenuto nel 1889. A succedergli fu il latinista Angelo Tosi, che restò in carica fino all'estate del 1899, in tempo per organizzare le celebrazioni per il bicentenario dell'istituto, in occasione del quale venne inaugurato un busto di Umberto I, opera del giovane scultore pratese Oreste Chilleri.
Dal settembre del 1899 fino al 1918 fu preside Paolo Giorgi, fautore di un'intensa opera di propaganda nazionalista e interventista che portò anche a violente tensioni con il contesto sociale cittadino, negli anni della prima guerra mondiale. Nei primi anni del nuovo secolo furono insegnanti del Cicognini l'italianista livornese Ubaldo Angeli, amico di Severino Ferrari e Fabio Fedi, insegnante di lettere al ginnasio e acceso sostenitore della laicità dell'istruzione, oltre che consigliere comunale.
Dal dopoguerra il Cicognini da Regio Collegio tornò ad essere Convitto Nazionale; i Rettori che si sono succeduti hanno continuato la tradizione (Gentileschi, Mati, D'Ascenzio, Caiazza, Pistone) dalla fine degli anni '90 è iniziata una profonda innovazione metodologica e tecnologica (Rettore Enrico Fadda) ed è stata nominata alla guida del Cicognini la prima donna (Anna Grazia Greco). Dal 2004 al 2007 (sotto la Direzione di Daniele Santagati) sono stati eseguiti imponenti lavori di messa a norma previsti dalla legge 626/94. Oggi Rettore del Cicognini è Daniele Santagati rientrato definitivamente a Prato dopo l'esperienza di Rettore del C.Colombo di Genova.
Per l'elenco completo dei Rettori visita il sito http://www.convitto-cicognini.it/
Negli anni del primo dopoguerra e del fascismo si segnalarono, tra i professori, Sebastiano Nicastro, il latinista Vittorio Ragazzini e il letterato Renzo Simi, mentre la presidenza fu affidata allo storico e italianista Giuseppe Fatini, noto soprattutto per i suoi studi ariosteschi e per un’accurata monografia dedicata a Gabriele D’Annunzio convittore del Cicognini.
Nella seconda metà del secolo operarono nel liceo il classicista Cesare Grassi e Agostino Ammannati, che per alcuni anni curò l’allestimento di spettacoli nel teatrino del Cicognini col gruppo filodrammatico del liceo, oltre a collaborare con don Lorenzo Milani. L’attività teatrale venne ripresa più recentemente da altri insegnanti.
Nel 1972 il liceo classico statale si trasferì nel nuovo edificio di via Baldanzi 16, dove è tuttora. Venne trasferito nella nuova sede fuori dal centro il ricco patrimonio storico-culturale custodito, comprendente l'"Archivio storico" (documenti e verbali scolastici dal 1870 al 1972, compresi i registri dei voti relativi a studenti divenuti illustri, da Gabriele D’Annunzio a Curzio Malaparte, da Mario Monicelli a Tommaso Landolfi), il "Museo di fisica" (riordinato e catalogato scientificamente) e il "Museo di storia naturale" (con le collezioni ornitologica e mineralogica) e una Biblioteca di oltre 10.000 volumi con la raccolta della Antologia di Vieusseux.
Negli anni '90 è stato istituito nuovamente il corso di Liceo Classico Statale all'interno del Convitto e la presidenza è stata nuovamente assunta dal Rettore. Il Liceo Classico annesso al Convitto Cicognini è tornato in pochi anni agli antichi splendori grazie all'opera di eccellenti docenti, distinguendosi come uno dei migliori licei classici toscani.
martedì 5 febbraio 2008
Arturo della Scala - Comitato Nazionale di Liberazione
Lettera di Scoccimarro a gen. Richmond, con allegati
(Istituto Storico della Resistenza in Toscana, Fondo Medici-Tornaquinci)
da: www.stm.unipi.it:81/stmstragi/Processi/documento1.doc
Ministero dell’Italia Occupata
Confermo che la Commissione centrale italiana per i crimini di guerra assume la piena responsabilità per l’accertamento delle atrocità commesse in Italia dai tedeschi e dalle bande fasciste al loro servizio contro la popolazione civile italiana; di conseguenza chiedo che le Autorità Alleate si compiacciano di trasmettere a detta Commissione Centrale la documentazione degli accertamenti in loro possesso relativi a tali crimini, nonché le denunzie e semplici notizie di essi, sulla base delle quali la Commissione Centrale espleterà una completa istruttoria. Ringrazio per l’opera di collaborazione e assistenza che le Autorità Alleate si dichiarano disposte a continuare per il migliore accertamento delle atrocità, di cui tedeschi e fascisti si son resi responsabili in Italia; ed in particolare per l’offerta che un ufficiale dello Special Investigation Branch disimpegni funzioni di collegamento con la Commissione Centrale per l’identificazione dei singoli o delle unità tedesche responsabili dei crimini. Resto in attesa di una cortese conferma scritta. Con i più distinti doveri.
Ministero dell’Italia Occupata
La Commissione Centrale per i crimini di guerra è stata istituita con Decreto Ministeriale presso il Ministero dell’Italia Occupata al fine di accertare le atrocità, i saccheggi, incendi, deportazioni, uccisioni e altri delitti compiuti dai tedeschi e dai fascisti dopo il 25 luglio 1943 in danno della popolazione civile italiana.
Attualmente la Commissione è così composta: S.E. Aldobrando Medici Tornaquinci, presidente, sottosegretario di stato. S.E. Saverio Brigante, presidente di sezione della Cassazione. Prof. Concetto Marchesi, rettore dell’Università di Padova. Dott. Antonio Cottafavi, primo segretario di Legazione, del Ministero degli Affari Esteri. Dott. Francesco Ferrante, consigliere di II classe ,del Ministero dell’Interno. Ten. Col. Luigi Sormanti, del Ministero della Guerra. Avv. Arturo Della Scala, in rappresentanza del Comitato Centrale di Liberazione Nazionale. Prof. Attilio Ascarelli, direttore della scuola di polizia scientifica. Avv. Claudio Matteini, giornalista. Dott. Piero Berretta, giudice di Tribunale. Funziona da segretario il Giudice dott. Piero Berretta. E’ in corso l’integrazione della Commissione Centrale con la nomina dei rappresentanti del Ministero di Grazia e Giustizia nella persona di S.E. Alfredo Iannitti Piromallo, presidente di sezione della Cassazione, dell’Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo nella persona del giudice Dott. Rubino Italo e del contenzioso Diplomatico presso il Ministero degli Affari Esteri nella persona del Prof. Perassi. A seguito della deliberazione della Commissione Centrale in data 16 marzo 1945 si disponeva la costituzione in ogni provincia di una Commissione di 3 membri e cioè dei rappresentanti della Prefettura, del Tribunale Civile e Penale ordinario, e del Comitato di Liberazione Nazionale al fine di coadiuvare e facilitare l’opera della Commissione Centrale nell’accertamento dei crimini commessi nelle rispettive Provincie. La fase organizzativa di queste Commissioni periferiche, stante la liberazione dell’Alta Italia avvenuta solo di recente, non è ancora compiuta. Appena essa sarà espletata, sarà nostra premura comunicare alle autorità alleate il prospetto generale di tali Commissioni provinciali con il nome dei componenti e la sede di esse.
D’ordine del Ministro IL CAPO DI GABINETTO