venerdì 19 febbraio 2010

Dedicato a mio nonno




Questo blog nasce per raccogliere informazioni sulla mia famiglia man mano che mettendo ordine in casa trovo ricordi, scritti, foto.
Vuole essere un modo per ricordare ma anche scoprire.
E' probabile che con la collaborazione di chi mi legge potrò aggiungere a quello che ho altre informazioni e foto. 


Francesco della Scala era mio nonno. Di lui, che non ho conosciuto, posso ricostruire l'operato solo attraverso testimonianze scritte.
Il mio "progetto" è di iniziare a parlare di lui e poi ricostruire anche a ritroso la storia della famiglia della Scala.


Cerco articoli di giornali scritti da mio nonno, da mio padre Vincenzo della Scala e da mio zio Arturo della Scala.
Se volete segnalare qualcosa che avete o avete trovato lasciate un messaggio in questo post.
Questo è un lavoro svolto con il metodo "work in progress". Le informazioni vengono inserite, aggiunte, corrette, modificate, man mano che nuovo materiale viene trovato.

sabato 4 luglio 2009

La Famiglia della Scala - un po' di storia




Ad Arturo della Scala dobbiamo molto per il suo impegno nel ricostruire le origini della famiglia.

Egli si impegna in questo lavoro facendo ampie ricerche che non voglio anticiparvi perchè è tutto spiegato dall'autore stesso in una sua pubblicazione che è il risultato delle ricerche svolte.

Egli usa come base di partenza un documento ritrovato dalla sorella Elena fra i documenti di casa. Un'orazione funebre scritta dal Teologo Ascone per Francesco della Scala e datata 1871. E' chiaro che non si tratta di mio nonno ma di un suo antenato. Lo scritto dell'Ascone è particolarmente interessante anche dal punto di vista storico in quanto ricostruisce la storia del paese di Cinquefrondi.



Pubblico integralmente il lavoro di mio zio Arturo.



Don FRANCESCO DELLA SCALA
S. Intendente del Regno delle Due Sicilie


Ristampa di Orazione Funebre
a cura del pronipote Arturo




ROMA
ARTI GRAFICHE [TEMER - VIA FEZZANI. 21123 - TEL. 83.11.13(1
1970



A TE
EGREGIA SIGNORA
MARIA TERESA DEI MARCHESI AJOSSA
VEDOVA DOLENTISSIMA
PER LA PERDITA DI SI' PREGEVOLE CONSORTE
OBBIETTO DI UNANIME CORDOGLIO
QUESTO FUNEBRE ELOGIO
RITRATTO DI SUE RARE VIRTU'
CHE
NELL'INCERTEZZA DELLE UMANE
PROVVIDENZE
FURONO VIVIFICATE
DAL SOFFIO ETERNO DELLA DIVINA
RELIGIONE
AD ONORARE LA SUA MEMORIA
ED IL SUO NOME
A CONFORTARE IL TUO ANIMO ADDOLORATO
CON LA PIETA' DELLA FEDE
SOLA CONSOLATRICE BENEFICA
NEL CAMMINO DELLA VITA
IN TESTIMONIO
DI SENTITA STIMA
D. O. C.
L'AUTORE.



Ai Miei Compatrioti
è la forza del vero che spingemi ad esprimere ai presenti ed agli avvenire queste poche parole. Il nome dell'illustre Concittadino Della Scala si lega ad un duplice concetto, cioè al concetto della sua patria, ed a quello dei suoi Compatrioti. - In quanto al primo, Cinquefrondi, sito nella Calabria Meridionale, presso la Storia della Magna Grecia e delle Calabrie fu, da epoca immemorabile, un paese di non poca rilevanza. Divero, riserbandomi ad altro scritto tutto ciò che ora son costretto a lasciar desiderare, esso trae la sua origine e fondazione dagli antichi Locresi, poscia accresciuto dalle vetuste ruine di Tauriana; e trae la sua etimologia o dalle sue cinque torri, o dalle cinque porte che anticamente avea, o meglio, dai cinque paesi sparsi d'intorno, che poi si unirono in un solo. Nei secoli assai lontani della gentilità quivi esistea un antico Tempietto sacro alla Dea Proserpina, ad Apollo, ed alle Muse; ed era proprio quello che, nei felici tempi del Cristianesimo, fu restaurato, ampliato e consacrato a S. Leonardo, e poi assunse il titolo di Chiesa sacra all'eccelsa Deipara Regina del Sacratissimo Rosario. Dopoché l'Apostolo S. Paolo si recò in Reggio a predicare alle genti il Regno di Dio, questo paese fu uno dei primi di questi luoghi ad abbracciare la vera e divina Religione; e fu per questo che i villaggi d'intorno spogliaronsi dei nomi pagani, e presero nomi di Santi, come S. Demetrio, S. Lorenzo, S. Elia, e S. Pantaleone, dei quali villaggi adesso esistono soltanto i ruderi. Questo paese avea nel suo territorio due Conventi, ed un Castello, dei quali ora esistono poche mura ed in parte le dirute fabbriche, le quali, al pari di moltissime case, soffrirono gravi danni e guasti per le scosse del tremuoto nei dì 5, 7 e 18 Marzo 1783. Ha pure un ricco Monte di Beneficenza per le Donzelle orfane, istituito a' 4 Agosto 1702 dal Marchese D. Ferdinando Giffone d'Aragona, a cui posteriormente si aggiunsero altri beni lasciati da Macedonio e Benevento. Infine Cinquefrondi ha cinque Chiese, un Collegio di Canonici partecipanti, eretto a '26 Marzo 1673; come pure sin da Maggio 1834 fu elevato a Capo-luogo di Circondario, oggi detto Mandamento, e, giusta l'attuale Statistica, conta 5600 anime. La patria adunque del defunto Della Scala non è onninamente oscura; sebbene, a vero dire, non è il luogo che onora la persona, ma le virtù della persona che nobilitano il luogo.
In ordine poi ai suoi compatrioti, abbenché io finora non abbia avuto la ventura di ritrovare tutti i veridici documenti relativi agli antichi Personaggi di Scienze, di Lettere e di Arti, che onorarono la mia patria, tuttavia dai documenti di tempi a noi più vicini, e proprio da due Secoli in qua, ritrovo uomini moltissimi di merito personale, i quali lasciarono assai buona fama di loro dottrina, e di costoro potrebbonsi agevolmente raccogliere i Manoscritti, per dimostrare con documenti scientifico-letterarii, come le intelligenze di questo paese seppero bene nei diversi periodi seguire il movimento ed il progresso generale dello scibile umano: e così, o potrebbe farsi con giudizio critico una Rivista dei loro lavori, o almeno un Compendio di cenni biografici; poichè chi più, chi meno di essi furono versati, oltre le scienze di professione, nella classica Letteratura e negli studii severi del tempo. Onde io, lasciando di far parola dei viventi, credo far piacere ai miei contemporanei con dare un cenno degli uomini più distinti, il che potrà servire a ridestare nella presente e nelle future generazioni la fiamma del genio nei figli di questa Madre feconda di non mediocri ingegni. E mi gode l'animo segnare così di passaggio soltanto i nomi di coloro che si distinsero per studii letterarii e scientifici. Innanzi tratto, tra i Preti, per l'Arte del Dire, e per altre svariate conoscenze, si distinsero l'Abbate D. Giovan Battista Macedonio, il Dottor D. Giulio Arciprete Bruni Deputato del Vescovo Diocesano pel Vicariato di S. Giorgio, l'Arciprete D. Antonio Longo, l'Arciprete D. Michele Guerrisi, il Padre Maestro Ascone il quale, nell'antico Convento dei Domenicani di Radicena, diede insegnamento di Filosofia e Teologia a Fra Vincenzo Armentano poscia elevato a Vescovo di Mileto, il Padre Maestro Domenico Mercurio Arciprete di Laureana, il quale lasciò un grosso Volume scritto in latino contenente varii Trattati di Antropologia, di Logica, di Storia Naturale, di Fisica, e di Astronomia, scritti secondo il metodo dei suoi tempi: più, l'Arciprete D. Liborio Argirò che lasciò molti scritti di Oratoria sacra, il Canonico Avvocato D. Giovanni Guerrisi, il Canonico D. Michelangelo Ascone, il Canonico D. Pasquale Gerace, i due Diaconi, giovani di acutissimo ingegno, D. Michele Ascone e D. Francesco Loschiavo colpiti da immatura morte; e, fra gli altri, D. Francesco Saverio Panetta Arciprete di Radicena, il quale, nel 1859 mandò alle stampe una Raccolta di Sermoni e Panegirici intitolata la Montagna Mistica. Tra gli Artisti musicali, ebbero nome il Canonico D. Filippo Zerbi celebre esecutore del cantabile, il Canonico D. Pietro Gallucci pel Canto Fermo e Fratto, cd il Cappellano D. Luigi Sacerdote Ferrari, Compositore di Musica Sacra e fondatore di una Filarmonica. Fra gli Avvocati ebbero rinomanza i Dottori D. Nicola Maria Benevento, D. Francesco Chitti, D. Giacomo Tropea, D. Antonio Manfroce e figlio D. Raffaele, D. Paolo Albanese, D. Francesco Sandulli, D. Giovanni Guerrisi, D. Michelangelo Loschiavo, ed il figlio di lui D. Gaetano Giudice Mandamentale. Tra i Medici e Cerusici ebbero vanto i Dottori fisici D. Francesco Rodinò, D. Saverio Tropea, D. Giuseppe Antonio e D. Carlo Soffra, D. Michelangelo Condoluci ed il suo figlio D. Bruno, D. Vincenzo Mammola, D. Giacomo Ferraro, D. Francesco Colloridi ed il giovane D. Carmelo Papasidero. Trai Notai, oltre i quattro Notari Apostolici D. Giovan Battista Screa, D. Domenico Chitti, D. Domenico Antonio Benevento, e D. Giovan Tommaso Tropea, da due secoli in qua vi furono i Notai Condò, Sanija, Protesti, Longo, Fazzari, Condoluci, Drommi, Pepè, Pinnarò, Ido, Panetta ed altri.
Ed ecco, per quanto comporta la strettezza delle mie piccole ricerche, distesa in breve una pagina di patria istoria; nella quale, il dirò ad onore del vero, non ottiene l'ultimo luogo il defunto Della Scala, Protagonista di questa funebre laudazione, segnatamente pei pubblici Uffizii che sostenne con decoro ed applauso. Potrebbonsi su questo proposito istituire ricerche etnografiche, topografiche, archeologiche, e numismati che, come pure potrebbesi parlare dell'estensione e stato geologico del territorio, e dei diversi periodi istorici secondo le varie dominazioni che ebbero luogo in questa Provincia; come del pari potrebbesi far cenno dello stato industriale e commerciale, dei prodotti agricoli e di altre specialità locali: ma tutto ciò sarebbe per ora alieno dal mio presente intendimento. Che però chiudo il mio dire con questo piccolo tributo di gratitudine e di amore da me reso a questa mia patria.
Vir religiosus, ac limons Doum. Apostolici, Cap. X.
Signori, al cospetto della maestà di Dio l'unica vera lode, che può profferirsi a vantaggio dell'uomo, è la lode che inspira la parola della Divina Religione. Ogni altra sorta di lode non è che impresa effimera, che un vano rumore. Divero, la Storia universale dei popoli encomia mille personaggi di una trascendente nobiltà, di un'ampia grandezza, di un invitto eroismo; e tributa loro risuonanti lodi ed applausi; ma chi ha fior di senno disdegnoso esclama: e questa è una vera gloria? — Fra il giro dei secoli e delle generazioni, io vidi grandeggiar superba la possanza di Re, d'Imperatori, di Conquistatori, di Eroi; vidi levarsi scettri e sublimarsi corone, e tra la moltitudine di brandi avanzarsi vessilli trionfali, e splendere scudi, e luccicar elmi... Io stava a contemplare un tanto spettacolo; quando ad un tratto mirai svanir la visione, e vidi solo una grande piramide di fumo, che dileguavasi per l'aere a poco a poco, ed ascoltai solo una voce: guarda! ov'è la gloria dei grandi della terra? — Vidi poi, in un gran campo, e molti Volumi di riposta sapienza, e codici di umana legislazione, e geroglifici, e oracoli di sofi, e pagine di letterati, e capolavori di artisti. Io pensava agli studii e lavori di tanti secoli, quando repente un fuoco divoratore convertì in polvere quei volumi e quei monumenti; e quella polvere, al soffio dell'impetuoso aquilone, cadde come nebbia nell'ampiezza dell'oceano! — Ah! la Morte ed il Tempo oscuraron la luce dei troni e delle accademie; si sfrondarono e cadder dal capo ai Monarchi ed ai Sapienti le corone e gli allori: la Morte ed il Tempo trionfaron degli uomini, delle loro vittorie e della loro fama!!! O augustissima Religione figlia di Dio! tu sola spandi raggi di vera gloria: tu sola tra i figli degli uomini puoi rendere imperitura la memoria, la lode. Sì, o Signori; sfavilla la luce della divina Religione, ed ecco l'ingrandirsi dell'uomo pel mirabile intreccio dell'umano col divino, del visibile coll'invisibile, del finito coll'infinito, del tempo coll'eternità: ecco il Dio della Provvidenza che tutti gli uomini e tutta l'umanità indirizza conforme all'archetipo disegno dei suoi eterni consigli: ecco splendere di nuova luce le lettere, le scienze, le arti; santificati il diritto e la giustizia, e tutte le umane legislazioni raggiar di quella gloria che emana dalla suprema Legislazione di Dio: ecco insomma la umana potenza avvivata dalla Potenza di Dio, la sapienza umana irradiala dalla Sapienza di Dio, la bontà morale dell'uomo vivificata dalla Bontà di Dio, e la vita dell'uomo informata dalla Vita istessa di Dio. — Questa è la vera gloria, questa è la vera lode. È solo la Religione che pone il Creato in comunicazione coll'Increato, e la vita presente colla vita avvenire: è solo la Religione che su la tomba dell'uomo fa brillare quel fulgido raggio che suggella quaggiù l'immortalità della lode, e va ad inabissarsi in quell'oceano di luce che sfolgoreggia nella pienezza della palingenesi.
— Assuntomi, o Signori, l'incarico di porgere Funebre Elogio alla memoria dell'ottimo Concittadino Francesco Della Scala io non sarò si codardo da mescer l'adulazione al cenere del trapassato, e ai misteri tremendi dell'Altare. Io so che il Sole ha le sue macchie, e che la pupilla di Dio scovre delle macchie anche negli Angioli suoi. Però non posso preterire ciò che in tutto il lungo periodo della sua vita lo ha così bene distinto: il carattere di un uomo religioso; carattere pel quale Egli fu e buon Padre di famiglia, e Cittadino benemerito della patria, e incorruttibile amministratore della giustizia, e sollecito custode del pubblico bene. Che però degnatevi benevolmente udirmi, e nella Vita di Francesco Della Scala (per quanto è capace lo stato di fragile creatura) ci tornerà caro considerare la Vita lodevole di un Uomo veramente religioso e timorato di Dio: Vir religiosus ac timens Deum - in una parola: il Vero concetto del Cittadino Cristiano. — Dopo un respiro.
I.
Francesco Della Scala comincia a goder l'aura della vita ai 24 Aprile dell'anno mille ottocento. Gl'illustri e nobili Genitori Dottor D. Nicola della Scala e D.a Maria Giuseppa Florimo; l'uno di questo luogo, e l'altra di S. Giorgio Morgeto, a non frappor veruno indugio, esprimono il pio desiderio che il neonato avesse ben tosto la ventura di ricever quel Sacramento ch'è porta della fede — via che conduce a salvazione: e Voi, o supremo Arcangiolo di Dio, o Angioli che avete in custodia questo sacro Tempio, voi l'udiste nello spirito della Chiesa Cattolica, che frutta eterna vita, e nel nome santissimo della Triade eterna ricevere il vitale lavacro dell'immortale rigenerazione. È adunque la magnificenza della Religione che santifica i suoi primi vagiti; ed al cospetto di questa augustissima figlia di Dio non è mestieri che facciasi motto dei suoi natali da patrizia gente, nè che si enarri la lunga genealogia; poiché nè il patriziato, nè i meriti degli avi, nè i privilegi del sangue hanno il menomo valore alla presenza dell'Altissimo. La nobiltà è riposta nella sola ed unica Virtù, cantò anche un poeta del paganesimo; e noi, che siamo informati dello spirito della Fede cattolica, possiamo esprimere il concetto con sapienza, e dire che la sola ed unica nostra nobiltà sta nella felice adozione di figli di Dio, e nella divina eredità di una gloria sempiterna. — Però Francesco Della Scala avea sortito il natale in un'epoca assai perigliosa. Egli si vede in mezzo a due secoli, il secolo decimottavo funesto per un'empia filosofia che nel delirio dell'incredulità si gloria di aver fatto crollare i fondamenti di ogni ordine e di ogni antica credenza sacra e civile; ed il secolo decimonono che, sorgente da un abisso di errori, inorridisce allo spettacolo dell'immense ruine, guarda pietosamente il cielo, e prega che il soffio della Religione avvivi la fede, la società, i costumi. Era l'epoca in cui l'acciecamento degli spiriti chiamati forti, ma in realtà i più deboli, preferiva Omero alla Bibbia, Virgilio a S. Agostino, Orazio a S. Giovan Grisostomo, Ovidio a S. Ambrogio, insomma le stoltezze del paganesimo alla maestosa sublimità del Cristianesimo. Era l'epoca della lotta più terribile dei due secoli tra l'irreligione e la credenza, l'eterodossia e l'ortodossia, la crudeltà e la filantropia, il falso ed il vero, il deforme ed il bello, l'utile e l'onesto, il male ed il bene. Tra tanto scompiglio d'idee e di principii si apre la giovine intelligenza di Lui, e mira avvolto in un caosse spaventevole tutto l'ordine intellettuale, morale, religioso, civile, sociale. Ma che? In mezzo a tanto scompiglio Francesco Della Scala non sarà un ottimo cittadino- Signori, la santità del luogo in cui parlo non mi permette esporvi le sentenze di Platone, di Socrate, di Aristotile, di Demostene, di Cicerone; io invoco la sapienza di personaggi assai più positivi ed eloquenti: questi sono gli Ambroggi, gli Agostini, i Grisostomi, i Girolami, i Bernardi: essi ci ammaestrano che la vera probità del cittadino non può sussistere senza la vera Religione; che non può darsi vera osservanza dei doveri sociali senza vera osservanza dei doveri religiosi; e che la Religione è il principio fondamentale di tutte le virtù morali e civili: essi ci ammaestrano che tutta la forza civilizzatrice dimana dal seno della divina Religione. — Io quindi considero la Religione in Francesco Della Scala come un centro, da cui emanano, ed a cui ritornano i raggi delle sue sociali virtù: io, assiso all'ombra della Religione, considero questo Uomo religioso rispetto alla sua Personalità, alla sua famiglia, ed alla Società.
Rispetto alla sua personalità. A trionfare di tanti ostacoli che signoreggiavan l'epoca, il Dio della Provvidenza che attempera gli uomini ai secoli e i secoli agli uomini, e gli uni e gli altri conduce ai suoi disegni, Egli l'ha provveduto di due mezzi efficacissimi, cioè di ottimi e religiosi Genitori, e di un ottimo e sapiente Precettore: la sua educazione, e la sua istruzione non potea essere affidata a mani migliori. Qui ben vi accorgete avervi accennato il mio illustre Antecessore il Chiaino D. Liborio Arciprete Argirò, il cui nome, in mezzo a noi, è un compitissimo elogio. Francesco Della Scala apprende da Lui che stolta è la sapienza degli empii, che tutte le scienze divine ed umane sono raggi dell'increata Sapienza di Dio, e che la vera sapienza è la scienza di Dio, dell'anima dell'eternità. Egli, per quanto comportavano ed il suo ingegno e lo svolgimento letterario scientifico del suo tempo, apprende da Lui la lingua italica, e quella del Lazio, l'una e l'altra Letteratura, Matematiche, Filosofia, Diritto di Natura e delle genti; e sempre tenendo ferma la mente ed il cuore ai principii eterni immutabili del giusto e dell'onesto, del vero, del bello, e del buono. Compito lo stadio di questi studii elementari, lascia la patria, e recasi in Napoli a fine d'imprendere studii professionali di Legge. Quivi, costante nel serbare il tesoro dei principii religiosi, e costante nello studio della sua professione, percorsi tutt'i gradi accademici, ai 19 Ottobre 1821 ottiene la Laurea di Dottore nell'una e nell'altra Giurisprudenza. Ritorna alla patria e colla gravità del senno dà chiaro a vedere che la vera scienza non è d'impedimento al senso religioso, e che il senso religioso nobilita la scienza, e santifica la purità dei costumi. Ed eccolo, per tutto il cammino della sua vita, sempre di un'indole buona, obbediente ai maggiori, rispettoso con gli eguali, amabile con tutti: eccolo sempre pieno di modestia, di decoro, di gentilezza; di cortesia...
Rispetto alla sua famiglia. La famiglia è una piccola società, e le nozze, da cui essa si origina, secondo il cattolico Autore dei Principii della Scienza Nuova, anche presso tutte le nazioni della gentilità, stimaronsi sempre una cosa sacra, un atto solenne di religione. All'aura benefica della religione di Dio nel 5 Maggio 1824 Francesco Della Scala impalmava la Signora D. Maria Teresa dei Marchesi Aiossa, e da quel Dio che i nostri progenitori congiunse e benedisse nell'Eden, da quel Dio che, dopo quaranta secoli di corruzione, apparendo visibile al mondo, santificò in Cana le nozze, le rese indissolubili, e le elevò all'alta ragion di Sacramento-immagine dell'union perpetua di Cristo con la sua Chiesa, da quel Dio essi ricevon la grazia delle superne benedizioni. Ed ecco nelle domestiche mura aperta una nuova società, un nuovo campo di relazioni. Francesco Della Scala è Capo di famiglia, e di una famiglia cristiana; e lo testimoniano la degna consorte i figli ed i famigli, ossia inservienti.
La degna Consorte rammenta, nella perpetua compagnia della vita, e l'amore scambievole, e la fedeltà il rispetto tra loro, ed il benigno compatimento degl'individuali difetti. I figli ... ah! due furon i figli: l'uno modello di educazione morale, religiosa, civile, nel fior degli anni, ahimè! come cadde in mezzo al fiero turbine della sventura! e l'altro, che respira con noi l'aure di vita, ah! era egli destinato a coglier l'estremo anelito del morente, e piangere amaramente la perdita del genitore; e questi in laconico stile ci dice: ah! concepite voi il tipo del vero amor paterno verso la diletta prole, e tanto basta. I famigli ci rimembrano l'esempio del suo religioso portamento, ch'è migliore di ogni eloquente discorso, e le savie massime d'incivilimento religione, e la prontezza nel dare la nel dare la pattuita mercede, e la sua dolce maniera nel comandare, ed il fascino della sua amorevolezza. Tutta la famiglia poi ci parla di due rilevantissime cose, la cristiana carità verso i poveri, e la cristiana divozione verso la gloriosissima Madre di Dio e degli uomini. Egli avea ben appreso dai Ministri della Religione che Dio è il supremo datore dei beni, che, al favellare di S. Agostino, come noi nella nostra spirituale povertà ci volgiamo al Dio delle misericordie, così gl'indigenti nella loro corporale inopia si rivolgono a noi, e per questo ponea ogni cura e pensiero che la famiglia, compresa dallo spirito della carità evangelica, largisse a tutti del bene per tesoreggiare ampio tesoro nel regno dei cieli. Egli, ad esprimere la sua divozione per la Regina del cielo e della terra, fa costruire a sue spese un Altare, e fa dipinger graziosa Immagine che rappresenti la Verginella Maria presentatasi al Tempio di Salomone per consacrarsi al suo Dio, e fa celebrare annuo triduo o novena.


To be continued :D

sabato 30 agosto 2008

Beatrice Regina della Scala





Beatrice Regina della Scala (Sant'Angelo Lodigiano, 1333 – Milano, 18 giugno 1384) fu la primogenita di Mastino II della Scala (1308-1351), signore di Verona, Vicenza, Padova, Parma, Brescia e Lucca, e di Taddea di Carrara.
Ebbe tre fratelli, Cangrande II (1332-1359), Cansignorio (1340-1375) e Paolo Alboino (1343-1375), che furono tutti signori di Verona e Vicenza a partire dal 1351 fino al 1375.
Il 27 settembre 1350, lei sposò, come previsto nel 1345, Bernabò Visconti, allora collaboratore e successore designato, insieme a Matteo e Galeazzo (due vicari imperiali signori di Milano), di Giovanni Visconti (1290-1354). Visse da allora a Milano nel palazzo di San Giovanni in Conca, mise al mondo ben quindici figli, cinque maschi e dieci femmine:
Taddea (Milano, 1351 – Monaco di Baviera, 28 settembre 1381) sposò nel 1364 il duca Stefano III di Baviera-Ingolstadt
Verde (Milano, 13521414) sposò nel 1365 Leopoldo III d'Asburgo
Marco(novembre 1353 – Milano, 3 gennaio 1382) Signore di Parma, nel 1367 sposò Isabella di Baviera-Landshut
Ludovico (13557 marzo 1404), Governatore e Signore di Parma e Governatore di Lodi sposò Violante Visconti
Valentina (Milano, 1357 – estate 1393), sposò nel 1378 Pietro II, sovrano di Cipro
Rodolfo (13581389), signore di Pavia
Carlo (13591403), Signore di Parma, sposò nel 1382 Beatrice d'Armagnac, figlia del Conte d'Armagnac
Antonia (Milano, 1360 – Stoccarda 26 marzo 1405), sposò nel 1380 Eberhard III di Württemberg
Caterina (Milano, 1362 – Monza, 17 ottobre 1404), sposò nel 1380 Gian Galeazzo Visconti Duca di Milano;
Agnese (1363, dicembre 1391), sposò nel 1380 Francesco I Gonzaga Signore di Mantova, morta decapitata;
Maddalena (Milano, 1366 – Burghausen, 17 luglio 1404), sposò nel 1381 Federico II di Baviera-Landshut
Gianmastino (13701405), Signore di Bergamo e di Ghiara d'Adda, sposò nel 1385 Cleofe della Scala, figlia di Antonio I Signore di Verona
Lucia (ca. 1372Inghilterra, 14 aprile 1424), sposò nel 1407 Edmund Holand, 4° Duca di Kent;
Elisabetta (Milano, ca. 1374 – Monaco di Baviera, 2 febbraio 1432), sposò nel 1395 Ernesto di Baviera-Monaco
Anglesia (ca. 1377 – 12 ottobre 1439) sposò intorno al 1400 Giovanni II, sovrano di Cipro.
Regina era un'abile politica, tanto che governò grandi feudi e trattò prestiti con il marito, in cambio del possesso di alcune terre nella zona del lago di Garda. Condusse addirittura truppe in battaglia contro alcuni parenti.
Morì nel 1384 e fu sepolta a Milano nella cripta di San Giovanni in Conca accanto al marito. La più importante donna scaligera fece erigere a Milano la Chiesa di Santa Maria della Scala, dalla quale avrebbe poi preso il nome il Teatro alla Scala.


Tratto da Wikipedia

Chiesa di Santa Maria della Scala




mercoledì 6 febbraio 2008

Il periodo storico e i cambiamenti tra l'800 e il 900

Mio nonno nasce a Cinquefrondi in provincia di Reggio Calabria il 31 dicembre del 1869.
Tra il finire del 1800 ed i primi decenni del 1900, prende avvio [a Cinquefrondi] la costruzione delle grandi opere pubbliche: dall’imponente complesso della scuola elementare “Francesco Della Scala” al Palazzo degli Uffici Pubblici, dalla Regia Pretura cittadina, oggi sede della Mediateca comunale, alle Carceri Giudiziarie, dal Campo Sportivo alla linea ferroviaria che tutt’oggi collega Cinquefrondi agli altri paesi della piana, dalla Villa comunale alle grandi opere per l’incalanamento di corsi d’acqua sotterranei e il rinnovo del vecchio sistema fognario, fino alla costruzione di nuove intere vie, quali il Viale Rimembranze e la Via Regina Elena.
Cinquefrondi ha dato i natali ad importanti personalità che si sono mirabilmente distinte nei vari campi dello scibile umano. Tra questi vanno sicuramente ricordati, in campo religioso: Fra Nicolò da Cinquefrondi, laico morto nel 1570 in odore di santità, Fra Giovanni da Cinquefrondi, il gesuita Salvatore Verrone, studioso di vulcanologia ed autore di una Istoria del Monte Vesuvio del 1631, il teologo e religioso Bernardo Condò, il teologo e filosofo Francesco Saverio Panetta, autore di una raccolta de sermoni e panegirici intitolata “La montaga mistica” (1859), l’Arciprete Francesco Maria Ascone. In ambito musicale vanno ricordati, fra gli altri: D. Filippo Zerbi, il cappellano Luigi Ferrari ed il Maestro Carlo Creazzo. Tra la classe dei medici: il luminare Vincenzo Mammola. Tra i personaggi politici: Luigi dei Marchesi Aiossa, ministro durante il regno di Ferdinando II di Borbone ed il podestà Francesco Della Scala. Tra i militari il valoroso Francesco Pepe. Tra la classe dei letterati: il latinista D. Giacomo Ferrari, gesuita, ed il poeta e storico Pasquale Creazzo.

Testimonianze in rete

Fra i pubblici amministratori ricordiamo Francesco della Scala, .... che fu uno dei pochi della provincia ad attivarsi per fare ottenere al proprio paese tutti i provvedimenti di favori stabiliti dalla legge speciale per i luoghi colpiti da terremoto nel 1908. Il paese, grazie a lui, si è arricchito di vari edifici pubblici: l’edificio scolastico che porta il suo nome, il municipio, la villa comunale, l’asilo infantile, la caserma dei Carabinieri (ora sede della Comunità Montana), la pretura (ora sede della Mediateca Comunale), la torre littoria con l’orologio, l’ingrandimento del cimitero e molte sono state le opere di costruzione di strade e di acquedotti e di fognature.

dal sito della Scuola Secondaria di Primo grado di Cinquefrondi

La Scuola Elementare Statale "Francesco della Scala"


Questa immagine mi è stata inviata dalla Mediateca di Cinquefrondi, che qui ringrazio .
L'edificio scolastico, come si nota, è tutto ornato da bandiere e ghirlande. Davanti all'entrata è stato eretto un palco. E' molto probabile che la foto sia stata fatta in occasione dell'inaugurazione della scuola.







Cerco altre foto d'epoca e materiale documentario sulla costruzione della scuola.










In Memoria del Comm. Francesco della Scala

Riporto integralmente quanto scritto nel volume intitolato


In memoria del
Comm. FRANCESCO DELLA SCALA



RICORDANDO FRANCESCO DELLA SCALA

È caduto - nel vigore degli anni - sulla breccia, come è destino che cada un combattente di razza.
Perché quest'uomo - la cui vita fu tutta una missione di amore, di abnegazione, di sacri fizio per la sua terra natia – quest’uomo dalla tempra di autentico lottatore, in oltre 40 anni di vita pubblica non conobbe stasi, non conobbe riposi, non conobbe sconfitte - pur battagliando ora in campo politico, ora in campo amministrativo, sempre per la rigenerazione e ascensione edilizia, igienica, morale della sua cittadina natia e del relativo mandamento.
Credo sia caso unico, più che raro, la vita pubblica di Francesco Della Scala - la vita, cioè, di un uomo così strettamente, indissolubilmente legata alla vita della propria terra - come la vita del Nostro è legata a quella della sua Cinquefrondi; - credo sia caso più che raro unico che un uomo - in oltre 40 anni di lotte e che lotte! - non conosca l'onta od il disappunto di una sconfitta, ma sempre la gioia e l'orgoglio della vittoria.
Perchè Francesco Della Scala, eletto a 22 anni Consigliere Comunale della sua Cinquefrondi, lascia il seggio di pubblico amministratore quando la morte lo abbatte - dopo di aver percorso tutte le tappe della vita amministrativa: Assessore Comunale, Consigliere Provinciale, Deputato Provinciale, primo Podestà di Cinquefrondi.
E non solo percorse le tappe, ma mantenne le posizioni conquista­te a traverso lotte nella nostra provincia che rimasero celebri.
Assessore comunale delegato sin dal 1895 - (non poteva rivestire la carica di sindaco per la incompatibilità legale esistente allora tra questa carica e quella di Deputato provinciale) cessa dalla carica con abolizione dei Consigli Comunali, per assurgere però al seggio di Podestà; Consigliere provinciale e poscia Deputato provinciale, rimane in carica sino a che il Governo Fascista non abolisce questa amministrazione istituendo i Rettorati Provinciali.
Ma le cariche non contano nella vita di un uomo quando sono soltanto mera lustra, quando servono soltanto per solleticare le vanità personali! - Se, viceversa, si accettano per altruismo, non per egoismo -se costituiscono un ònere non un onore - se si usano per un bene col­lettivo non per un bene singolo - se si conquistano per un alto ideale civico non per tornaconto personale - allora esse più che contare nella vita individuale, sono parte integrante della vita stessa - sono tutta la vita.
Come fu appunto la vita di Francesco Della Scala!
Nel turbinoso periodo eletoralistico che va dal 1891 al 1922 - turbinoso periodo nel quale le amministrazioni comunali della nostra Calabria - volenti o nolenti - correvano l' alea dell' esito delle lotte po­litiche - in quel turbinoso periodo, che molti di noi ricordiamo per averlo vissuto più che da spettatori da attori - soltanto un uomo, Fran­cesco Della Scala, e con lui il partito amministrativo locale che a lui faceva capo
............................... non mutò aspetto,
nè mosse collo, nè piegò sua costa,

vittorioso o vinto il candidato politico che sosteneva.

Dove riposto il segreto di tale potenza? Nel fascino che l'uomo esercitava su quanti vivevano la sua vita quotidiana e su quelli che lo avvicinavano sia pur per giorni o per istanti ; - nella sua multiforme ed instancabile attività di pubblico amministratore a beneficio del sin­golo e della collettività.
Aveva egli un suo fascino irresistibile. Robusto, aitante della per­sona, dal profilo energico, profondo scrutatore lo sguardo, l' immancabile sigaretta fra le labbra, le mani nelle tasche - sua posa abituale - era tutto per gli amici, per aiutare o favorire i quali - nelle varie contin­genze - tristi o liete della loro vita - non si risparmiava fatiche, non conosceva ostacoli, non si concedeva riposi.

Chiedeva, pregava, comandava, implorava - mentre non ha mai chiesto, pregiato, comandato, implorato per se! - Ed otteneva, e come! -Tutti perciò avevano la intima, la ferma convinzione della sua illimitata potenza.

Intima, tenace convinzione che diveniva granitica nel periodo delle lotte elettorali, sino al giorno della votazione, e che suscitava urli di entusiasmo quando le urne, immancabilmente, consacravano la vittoria strepitosa del suo partito, che in fondo non era che vittoria sua personale.

Bisognava vederlo, durante il periodo di maggior combattimento, bisognava allora essergli a fianco: sereno, calmo, sorridente - la certezza assoluta del trionfo gli si leggeva negli occhi e sul viso...
Ricordo una immane, violenta lotta amministrativa dell'immediato anteguerra - che seguiva una non meno immane e violenta lotta politica nella quale il candidato sostenuto dal partito Della Scala era rimasto soccombente; - la prima lotta che si affrontava col suffragio universale. Tutti i più contrastanti partiti e le più contrastanti fazioni della cittadina di Cinquefrondi e del mandamento tutti si erano coalizzati contro Della Scala. - I comizi si succedevano ai comizi, le dimostrazioni alle dimostrazioni. Sembrava che un'ondata enorme di reazione si sollevasse per sommergere addirittura, più che il partito, uomo ; l' uomo che da lustri dominavano incrollabile, - ben tetragono ai colpi di ventura... ‑

Quasi unanime era la certezza che il Nostro dovesse fatalmente essere sconfitto. Anche i più intimi che gli stavano a lato più che trepidanti erano certi della disfatta. Pure lottavano, e da leoni, sorretti dalla fiducia nel capo, incitati dal suo esempio. Perchè egli aveva la certezza della vittoria - e la serenità del suo viso e del suo animo esercitava un fascino tale da non permettere che davanti a lui si manifestasse il più il più piccolo dubbio che potesse, sia pur lievemente, appannare quella certezza. -

La notte di sabato - precedente la giornata della votazione - all'una, con un gruppo dei suoi più fidi, io uscivo dal suo palazzo. Cinquefrondi vegliava : per le vie e nelle piazze gruppi di gente in grandissima maggioranza avversari, tanto da aversi completa la suggestione che la lotta fosse perduta per il nostro amico.

Lontani dal suo sguardo e dalla sua parola - fuori - in quell’ambiente così saturo di lotta - il dubbio rigermogliò nell’animo nostro, divenne quasi certezza. Ci guardammo in faccia silenziosi, sgomenti. Ed uno di noi - il più vicino a lui ed il più autorevole fra i suoi - mormorò come se parlasse a se stesso: « È du­ra... Temo che don Ciccia si sbagli... Sarebbe la prima volta... Ma... »
Tentennammo il capo, ci stringemmo le mani e ci lasciammo....
Quella notte da noi si passò insonne. ‑

La domenica una battaglia immane su tutta la linea. Alle 23,30 le urne avevano dato il loro responso : Francesco Della Scala conquistava, con enorme maggioranza, i due seggi al Consiglio Provinciale - ed i posti di maggioranza e minoranza al Consiglio comunale di Cinquefrondi.

No era per gli avversari una sconfitta, ma annientamento definitivo.


Il lunedì seguente Cinquefrondi riprendeva il suo ritmo normale di vita, e per le sue vie e per le sue piazze Francesco Della Scala immancabile sigaretta fra le labbra, le mani nelle tasche - passeggiava sereno, sorridente come se dell' immane lotta di poche ore prima egli non fosse stato attore principale, il condottiero, ma appena un indifferente spettatore. - E riprendeva la vita normale di pubblico amministratore, di non altro preoccupato che di centuplicare la sua feconda attività a beneficio del suo paese.

Sempre così. Sembrava che dicesse (con le parole di Marco Aure­lio):«Io attendo al mio dovere. Gli altri oggetti non mi distraggono»

Il suo dovere era l’amore verso la sua città natia...

Perchè, come bene scrisse Bettino Ricasoli: « La devozione verso la patria non è un affetto ; ma è qualche cosa di più alto, di più as­soluto... è un dovere! »


E questo dovere Francesco Della Scala sentiva in sommo grado appunto come conseguenza logica e psicologica del suo smisurato affet­to verso la sua Cinquefrondi.


Oh, la potenza di questo affetto! di quali miracoli non fu capace! Quaranta anni di lotte, di sacrifizi, di trionfi - senza concedersi tregua o riposi.
Nella sua vita egli non ebbe, si può affermare con coscienza, altra missione se non quella del risanamento, della trasformazione, della ri­generazione del suo luogo natio.

Era un borgo e ne fece una cittadina ridente sotto tutti gli aspet­ti - ammirata ed invidiata da tutta la provincia. Non vi fu legge e­messa a favore della nostra Calabria che egli non abbia sfruttata -non vi fu provvedimento al quale egli non abbia attinto a beneficio del suo paese. Sempre primo in tutto.

Mentre ultimava un edificio pubblico un altro iniziava - mentre terminava di riparare una via, un'altra ne apriva - mentre una piazza veniva trasformandosi, una villa sorgeva. Dal palazzo comunale all'edificio scolastico - dalle case popolari all'asilo infantile - dagli uffici della pretura al carcere giudiziarío - dalle fognature all' acquedotto -dai nuovi viali alle aiuole ecc... tutto è dovuto alla sua feconda instan­cabile attività di Cittadino e di pubblico Amministratore. E si possono forse dimenticare le lotte sostenute per lustri e lustri perchè un tronco ferroviario abbracciasse i paesi della piana nostra da Gioia Tauro a Cinquefrondi?

Il risanamento, la trasformazione, l’abbellimento, la rigenerazione di Cinquefrondi è indissolubilmente legata alla vita di Francesco Della Scala - e gli ultimi giorni, proprio gli ultimi giorni della vita morta­le di questo Uomo non furono se non il coronamento, il degno corona­mento di tutta una nobilissima esistenza spesa a pro' della sua citta­dina. Perché minato, incurvato dal male che doveva troncare la ancor giovine esistenza - prima di entrare in una clinica chirurgica di Roma donde fatalmente non doveva che uscire cadavere - si fece accompa­gnare, sorreggere per trascinarsi nelle aule dei diversi Ministeri per otte­nere, come ottenne, l' ultimo grandioso mutuo per il nuovo acquedotto che dovrà animare le nuove fontane della sua Cinquefrondi.

E dal letto di dolore e di morte dettò il telegramma (1) che an­nunziava ai suoi concittadini la nuova 'vittoria che coronava il suo ul­timo atto di fede e di amore verso la terra che da lì a pochi giorni lo avrebbe ricevuto freddo cadavere! -

(1) Ecco il telegramma: a Vice Podestà - Cinquefrondi - Lietissimo comuni­care odierno finanziamento progetto nuovo acquedotto cui lavori oltre milione Mi­nistero appalterà subito. Gradisca paese mio ultimo omaggio telegrafando ringrazia­menti Comm. Romano - Saluti.
Della Scala


L' istessa feconda ed instancabile attività egli portò nell' amministra­zione della Provincia durante i non pochi lustri in cui ne ricoprì le cariche di Consigliere Provinciale e di Deputato Provinciale. Ed il compianto Pre­sidente della Deputazione Provinciale, Barone Pasquale Reytani, aveva tale e tanto fiducia in lui, lo teneva in tale e tanto conto da affidargli i più delicati e difficili incarichi. - Ed in diversi congressi provinciali, a Torino come a Palermo - a Milano come a Roma - Francesco Della Scala fu il delegato per la provincia nostra.


Ma chi può seguire passo per passo la vita pubblica di Francesco Della Scala? - Improba ed ardua impresa che nemmeno tento.


Certo é che per oltre otto lustri, questo uomo fu di esempio e di monito non solo agli amministratori dei comuni del nostro ex circonda­rio, ma ancora a quelli di tutta la regione.
E non solo nel governo e nell'amministrazione della pubblica cosa ma ancora in rapporto agli eventi o lieti o tristi della sua cittadina o della nazione egli fu sempre in prima linea - nobilissimo esempio di al­truismo, di abnegazione, di sacrificio.


Il terremoto del 1908 lo trova sulla breccia a rincorare, ad aiu­tare, a salvare, primo fra i primi, rischiando anche la vita, tanto che una medaglia di bronzo premia questa sua nobile fatica.
Scoppia una epidemia vajolosa - ed egli è sempre in linea per i­solare la epidemia, per debellarla - e quando teme che i suoi sforzi pos­sano essere vani, fa venire in suo aiuto una Sezione della benemerita Croce Rossa - ed il male è subito debellata.


Quando la spagnuola infierisce mietendo vittime - egli è sempre in giro, attivo ed instancabile, per i tuguri e per le case, a soccorrere ad incorare - e perchè i poveri possano avere un aiuto immediato e profi­cuo, istituisce, fra l' altro, a spese del comune una farmacia.


E quando nel 1917 - per il disastro di Caporetto - i profughi dilagano nelle nostre contrade per sfuggire la barbarie degli invasori, Cinquefrondi - per volere di Della Scala - è fra le prime cittadine della nostra Provincia che accoglie a braccia aperte i fratelli sventurati - ed in numero rivelantissimo in rapporto agli altri comuni - aprendo loro, con le case, il cuore dei suoi abitanti.


Francesco Della Scala! - Un nome che squilla potente in questo ul­timo cinquantennio della storia civile di Cinquefrondi - un nome che é scolpito in lettere d' oro su tutti gli edifici pubblici, su tutte le vie, su tutte le piazze di Cinquefrondi.
Fu combattuto Francesco Della Scala - come è umano che lo sia chi della vita - di tutta la vita - fa una missione di lotta ; - ma non fu mai vinto.
Fu avversato, fu ostacolato sulla via che percorreva con lo sguar­do fisso all'unica meta: la sempre maggiore elevazione del suo paese; ma le avversità, gli ostacoli egli frantumava senza deviare, affrontan­doli! - Fu invidiato e fu ammirato - fu odiato ma fu adorato.


E sulle lotte e sui trionfi - e sulle invidie e sulle ammirazioni -e sugli odii e sugli amori, Egli, ben saldo, la fronte alta, lo sguardo sereno, il volto illuminato dal sorriso - stette sempre

come torre ferma che non crolla

giammai la cima per soffiar di venti.


E così lo vedremo sempre - con gli occhi dell'animo - nel ricordo che mai si velerà se è vero - come è verissimo - che la riconoscenza e amore sono tutt' altro che vane parvenze.


E così i suoi concittadini ed i loro più lontani nepoti lo vedran­no e nel presente e nell' avvenire - perchè la Cinquefrondi di oggi -così nuova, così ridente, così rigenerata - non fu che dissodata dalla forza, abbellita dal sorriso, plasmata dall' amore dell'indimenticabile suo figlio Francesco Della Scala...


aprile 1934 - XII.

Arturo Borgese

La Torre Civica di Cinquefrondi


la cronistoria degli avvenimenti che hanno interessato la Torre dal progetto ad oggi. (fonte Archivio Storico Comunale)

Nel 1930 il Podestà del tempo, Comm. FRANCESCO DELLA SCALA, diede incarico ad un Ingegnere di Messina, tale Antonino Galatà, di redigere un progetto per la "costruzione della torre dell'orologio". Lo stesso consegnava la prima stesura in data 20 agosto 1930 ed il progetto veniva inviato per l'approvazione all'Ufficio del Genio Civile di Reggio Calabria.Questo il prospetto del primo progetto.

Il primo disegno della Torre Civica



Il genio Civile di Reggio Calabria, servizio terrremoto, restituiva l'incartamento il 18 ottobre 1930 indicando alcune variazioni da apportare, e cioè l'abolizione del tetto e delle colonnine a sostegno dello stesso. Anche l'importo dei lavori, inizialmente previsto in Lire 74.000,00, veniva ridotto a Lire 67.000,00, tutti finanziabili con i fondi delle addizionali della ricostruzione del terremoto del 1908.
In data 16 marzo 1931 il progetto modificato viene reinviato alla Prefettura ed il 30 maggio 1931 viene approvato dal Corpo Reale del Genio Civile, Ufficio Speciale per i servizi tecnici del terremoto (F.to ing. V. Pugliesi).
Segue l'invio al Consiglio Superiore dei LL.PP. che lo approva nella seduta del 27/7/1931 con delibera 1864.Il 16/1/1932 il Podestà Della Scala approva il progetto definitivo e richiede il finanziamento con delibera n. 2.
Il 22/2/1932 il progetto viene approvato dall'ispettore superiore del Genio Civile.
La conferma del finanziamento avviene in data 21/6/1932 ed il Podestà indice l'appalt
o con delibera 32 del 27/8/1932. Seguono due pubblicazi
oni sul F.A.L. (a causa di una piccola irregolarità nella prima).
La gara di appalto viene espletata l'8/10/1932 e rimane aggiudicataria la ditta Comm. Raffaele Misiti da Cinquefrondi, altri partecipanti Giordano Pietro, Giordano Giuseppe, Cosoleto Carmelo.
Si apre però un contenzioso con la ditta aggiudicataria e dopo un consistente scambio di missive tra il Podestà, la ditta ed il Prefetto si addiviene alla cessione dei lavori alla ditta COSOLETO CARMELO DA BAGNARA, la quale in data 18/2/1933 stipula il contratto.Intanto in paese si commenta il progetto e l'illustre Pasquale Creazzo invia una lettera
al Podestà con alcune osservazioni relative all'ubicazione della torre, suggerendone la costruzione non nella piazza ma alla fine del Corso. Segue una riunione indetta dal Podestà e che vede la partecipazione dell'Ing. Galatà, di Creazzo e delle persone più in vista del paese.
In data 24/4/1933 perviene una richiesta da parte del Segretario Federale del Fascio per l'apposizione di due grandi Fasci sulla base della torre e di una campana da utilizzarsi per le manifestazioni.
L' 1/6/1933 i lavori vengono consegnati, termine per la realizzazione otto mesi.




dal sito del Comune di Cinquefrondi


prospetto definitivo

I lavori vengono ultimati il 30/4/1934 (concessa una proroga) e collaudati ad opera dell'Ing. Venza Cav. Vincenzo del Genio Civile di Messina.
L'opera alla fine costa Lire 74.806,36 e lo stato finale è approvato con delibera n. 60 del 28/11/1936 del Podestà Cav. Francesco Pasquale (Della Scala nel frattempo era prematuramente scomparso).
All'ultimazione dei lavori è seguita una seconda perizia di variante nella quale si intendeva procedere al rifacimento della scalinata adiacente alla torre e di accesso alla Chiesa. Tale variante non fu finanziata per assenza di fondi da parte del Genio Civile. Così appariva la torre all'atto dell'ultimazione dei lavori (immagine da una cartolina viaggiata nel 1938).