mercoledì 6 febbraio 2008

In Memoria del Comm. Francesco della Scala

Riporto integralmente quanto scritto nel volume intitolato


In memoria del
Comm. FRANCESCO DELLA SCALA



RICORDANDO FRANCESCO DELLA SCALA

È caduto - nel vigore degli anni - sulla breccia, come è destino che cada un combattente di razza.
Perché quest'uomo - la cui vita fu tutta una missione di amore, di abnegazione, di sacri fizio per la sua terra natia – quest’uomo dalla tempra di autentico lottatore, in oltre 40 anni di vita pubblica non conobbe stasi, non conobbe riposi, non conobbe sconfitte - pur battagliando ora in campo politico, ora in campo amministrativo, sempre per la rigenerazione e ascensione edilizia, igienica, morale della sua cittadina natia e del relativo mandamento.
Credo sia caso unico, più che raro, la vita pubblica di Francesco Della Scala - la vita, cioè, di un uomo così strettamente, indissolubilmente legata alla vita della propria terra - come la vita del Nostro è legata a quella della sua Cinquefrondi; - credo sia caso più che raro unico che un uomo - in oltre 40 anni di lotte e che lotte! - non conosca l'onta od il disappunto di una sconfitta, ma sempre la gioia e l'orgoglio della vittoria.
Perchè Francesco Della Scala, eletto a 22 anni Consigliere Comunale della sua Cinquefrondi, lascia il seggio di pubblico amministratore quando la morte lo abbatte - dopo di aver percorso tutte le tappe della vita amministrativa: Assessore Comunale, Consigliere Provinciale, Deputato Provinciale, primo Podestà di Cinquefrondi.
E non solo percorse le tappe, ma mantenne le posizioni conquista­te a traverso lotte nella nostra provincia che rimasero celebri.
Assessore comunale delegato sin dal 1895 - (non poteva rivestire la carica di sindaco per la incompatibilità legale esistente allora tra questa carica e quella di Deputato provinciale) cessa dalla carica con abolizione dei Consigli Comunali, per assurgere però al seggio di Podestà; Consigliere provinciale e poscia Deputato provinciale, rimane in carica sino a che il Governo Fascista non abolisce questa amministrazione istituendo i Rettorati Provinciali.
Ma le cariche non contano nella vita di un uomo quando sono soltanto mera lustra, quando servono soltanto per solleticare le vanità personali! - Se, viceversa, si accettano per altruismo, non per egoismo -se costituiscono un ònere non un onore - se si usano per un bene col­lettivo non per un bene singolo - se si conquistano per un alto ideale civico non per tornaconto personale - allora esse più che contare nella vita individuale, sono parte integrante della vita stessa - sono tutta la vita.
Come fu appunto la vita di Francesco Della Scala!
Nel turbinoso periodo eletoralistico che va dal 1891 al 1922 - turbinoso periodo nel quale le amministrazioni comunali della nostra Calabria - volenti o nolenti - correvano l' alea dell' esito delle lotte po­litiche - in quel turbinoso periodo, che molti di noi ricordiamo per averlo vissuto più che da spettatori da attori - soltanto un uomo, Fran­cesco Della Scala, e con lui il partito amministrativo locale che a lui faceva capo
............................... non mutò aspetto,
nè mosse collo, nè piegò sua costa,

vittorioso o vinto il candidato politico che sosteneva.

Dove riposto il segreto di tale potenza? Nel fascino che l'uomo esercitava su quanti vivevano la sua vita quotidiana e su quelli che lo avvicinavano sia pur per giorni o per istanti ; - nella sua multiforme ed instancabile attività di pubblico amministratore a beneficio del sin­golo e della collettività.
Aveva egli un suo fascino irresistibile. Robusto, aitante della per­sona, dal profilo energico, profondo scrutatore lo sguardo, l' immancabile sigaretta fra le labbra, le mani nelle tasche - sua posa abituale - era tutto per gli amici, per aiutare o favorire i quali - nelle varie contin­genze - tristi o liete della loro vita - non si risparmiava fatiche, non conosceva ostacoli, non si concedeva riposi.

Chiedeva, pregava, comandava, implorava - mentre non ha mai chiesto, pregiato, comandato, implorato per se! - Ed otteneva, e come! -Tutti perciò avevano la intima, la ferma convinzione della sua illimitata potenza.

Intima, tenace convinzione che diveniva granitica nel periodo delle lotte elettorali, sino al giorno della votazione, e che suscitava urli di entusiasmo quando le urne, immancabilmente, consacravano la vittoria strepitosa del suo partito, che in fondo non era che vittoria sua personale.

Bisognava vederlo, durante il periodo di maggior combattimento, bisognava allora essergli a fianco: sereno, calmo, sorridente - la certezza assoluta del trionfo gli si leggeva negli occhi e sul viso...
Ricordo una immane, violenta lotta amministrativa dell'immediato anteguerra - che seguiva una non meno immane e violenta lotta politica nella quale il candidato sostenuto dal partito Della Scala era rimasto soccombente; - la prima lotta che si affrontava col suffragio universale. Tutti i più contrastanti partiti e le più contrastanti fazioni della cittadina di Cinquefrondi e del mandamento tutti si erano coalizzati contro Della Scala. - I comizi si succedevano ai comizi, le dimostrazioni alle dimostrazioni. Sembrava che un'ondata enorme di reazione si sollevasse per sommergere addirittura, più che il partito, uomo ; l' uomo che da lustri dominavano incrollabile, - ben tetragono ai colpi di ventura... ‑

Quasi unanime era la certezza che il Nostro dovesse fatalmente essere sconfitto. Anche i più intimi che gli stavano a lato più che trepidanti erano certi della disfatta. Pure lottavano, e da leoni, sorretti dalla fiducia nel capo, incitati dal suo esempio. Perchè egli aveva la certezza della vittoria - e la serenità del suo viso e del suo animo esercitava un fascino tale da non permettere che davanti a lui si manifestasse il più il più piccolo dubbio che potesse, sia pur lievemente, appannare quella certezza. -

La notte di sabato - precedente la giornata della votazione - all'una, con un gruppo dei suoi più fidi, io uscivo dal suo palazzo. Cinquefrondi vegliava : per le vie e nelle piazze gruppi di gente in grandissima maggioranza avversari, tanto da aversi completa la suggestione che la lotta fosse perduta per il nostro amico.

Lontani dal suo sguardo e dalla sua parola - fuori - in quell’ambiente così saturo di lotta - il dubbio rigermogliò nell’animo nostro, divenne quasi certezza. Ci guardammo in faccia silenziosi, sgomenti. Ed uno di noi - il più vicino a lui ed il più autorevole fra i suoi - mormorò come se parlasse a se stesso: « È du­ra... Temo che don Ciccia si sbagli... Sarebbe la prima volta... Ma... »
Tentennammo il capo, ci stringemmo le mani e ci lasciammo....
Quella notte da noi si passò insonne. ‑

La domenica una battaglia immane su tutta la linea. Alle 23,30 le urne avevano dato il loro responso : Francesco Della Scala conquistava, con enorme maggioranza, i due seggi al Consiglio Provinciale - ed i posti di maggioranza e minoranza al Consiglio comunale di Cinquefrondi.

No era per gli avversari una sconfitta, ma annientamento definitivo.


Il lunedì seguente Cinquefrondi riprendeva il suo ritmo normale di vita, e per le sue vie e per le sue piazze Francesco Della Scala immancabile sigaretta fra le labbra, le mani nelle tasche - passeggiava sereno, sorridente come se dell' immane lotta di poche ore prima egli non fosse stato attore principale, il condottiero, ma appena un indifferente spettatore. - E riprendeva la vita normale di pubblico amministratore, di non altro preoccupato che di centuplicare la sua feconda attività a beneficio del suo paese.

Sempre così. Sembrava che dicesse (con le parole di Marco Aure­lio):«Io attendo al mio dovere. Gli altri oggetti non mi distraggono»

Il suo dovere era l’amore verso la sua città natia...

Perchè, come bene scrisse Bettino Ricasoli: « La devozione verso la patria non è un affetto ; ma è qualche cosa di più alto, di più as­soluto... è un dovere! »


E questo dovere Francesco Della Scala sentiva in sommo grado appunto come conseguenza logica e psicologica del suo smisurato affet­to verso la sua Cinquefrondi.


Oh, la potenza di questo affetto! di quali miracoli non fu capace! Quaranta anni di lotte, di sacrifizi, di trionfi - senza concedersi tregua o riposi.
Nella sua vita egli non ebbe, si può affermare con coscienza, altra missione se non quella del risanamento, della trasformazione, della ri­generazione del suo luogo natio.

Era un borgo e ne fece una cittadina ridente sotto tutti gli aspet­ti - ammirata ed invidiata da tutta la provincia. Non vi fu legge e­messa a favore della nostra Calabria che egli non abbia sfruttata -non vi fu provvedimento al quale egli non abbia attinto a beneficio del suo paese. Sempre primo in tutto.

Mentre ultimava un edificio pubblico un altro iniziava - mentre terminava di riparare una via, un'altra ne apriva - mentre una piazza veniva trasformandosi, una villa sorgeva. Dal palazzo comunale all'edificio scolastico - dalle case popolari all'asilo infantile - dagli uffici della pretura al carcere giudiziarío - dalle fognature all' acquedotto -dai nuovi viali alle aiuole ecc... tutto è dovuto alla sua feconda instan­cabile attività di Cittadino e di pubblico Amministratore. E si possono forse dimenticare le lotte sostenute per lustri e lustri perchè un tronco ferroviario abbracciasse i paesi della piana nostra da Gioia Tauro a Cinquefrondi?

Il risanamento, la trasformazione, l’abbellimento, la rigenerazione di Cinquefrondi è indissolubilmente legata alla vita di Francesco Della Scala - e gli ultimi giorni, proprio gli ultimi giorni della vita morta­le di questo Uomo non furono se non il coronamento, il degno corona­mento di tutta una nobilissima esistenza spesa a pro' della sua citta­dina. Perché minato, incurvato dal male che doveva troncare la ancor giovine esistenza - prima di entrare in una clinica chirurgica di Roma donde fatalmente non doveva che uscire cadavere - si fece accompa­gnare, sorreggere per trascinarsi nelle aule dei diversi Ministeri per otte­nere, come ottenne, l' ultimo grandioso mutuo per il nuovo acquedotto che dovrà animare le nuove fontane della sua Cinquefrondi.

E dal letto di dolore e di morte dettò il telegramma (1) che an­nunziava ai suoi concittadini la nuova 'vittoria che coronava il suo ul­timo atto di fede e di amore verso la terra che da lì a pochi giorni lo avrebbe ricevuto freddo cadavere! -

(1) Ecco il telegramma: a Vice Podestà - Cinquefrondi - Lietissimo comuni­care odierno finanziamento progetto nuovo acquedotto cui lavori oltre milione Mi­nistero appalterà subito. Gradisca paese mio ultimo omaggio telegrafando ringrazia­menti Comm. Romano - Saluti.
Della Scala


L' istessa feconda ed instancabile attività egli portò nell' amministra­zione della Provincia durante i non pochi lustri in cui ne ricoprì le cariche di Consigliere Provinciale e di Deputato Provinciale. Ed il compianto Pre­sidente della Deputazione Provinciale, Barone Pasquale Reytani, aveva tale e tanto fiducia in lui, lo teneva in tale e tanto conto da affidargli i più delicati e difficili incarichi. - Ed in diversi congressi provinciali, a Torino come a Palermo - a Milano come a Roma - Francesco Della Scala fu il delegato per la provincia nostra.


Ma chi può seguire passo per passo la vita pubblica di Francesco Della Scala? - Improba ed ardua impresa che nemmeno tento.


Certo é che per oltre otto lustri, questo uomo fu di esempio e di monito non solo agli amministratori dei comuni del nostro ex circonda­rio, ma ancora a quelli di tutta la regione.
E non solo nel governo e nell'amministrazione della pubblica cosa ma ancora in rapporto agli eventi o lieti o tristi della sua cittadina o della nazione egli fu sempre in prima linea - nobilissimo esempio di al­truismo, di abnegazione, di sacrificio.


Il terremoto del 1908 lo trova sulla breccia a rincorare, ad aiu­tare, a salvare, primo fra i primi, rischiando anche la vita, tanto che una medaglia di bronzo premia questa sua nobile fatica.
Scoppia una epidemia vajolosa - ed egli è sempre in linea per i­solare la epidemia, per debellarla - e quando teme che i suoi sforzi pos­sano essere vani, fa venire in suo aiuto una Sezione della benemerita Croce Rossa - ed il male è subito debellata.


Quando la spagnuola infierisce mietendo vittime - egli è sempre in giro, attivo ed instancabile, per i tuguri e per le case, a soccorrere ad incorare - e perchè i poveri possano avere un aiuto immediato e profi­cuo, istituisce, fra l' altro, a spese del comune una farmacia.


E quando nel 1917 - per il disastro di Caporetto - i profughi dilagano nelle nostre contrade per sfuggire la barbarie degli invasori, Cinquefrondi - per volere di Della Scala - è fra le prime cittadine della nostra Provincia che accoglie a braccia aperte i fratelli sventurati - ed in numero rivelantissimo in rapporto agli altri comuni - aprendo loro, con le case, il cuore dei suoi abitanti.


Francesco Della Scala! - Un nome che squilla potente in questo ul­timo cinquantennio della storia civile di Cinquefrondi - un nome che é scolpito in lettere d' oro su tutti gli edifici pubblici, su tutte le vie, su tutte le piazze di Cinquefrondi.
Fu combattuto Francesco Della Scala - come è umano che lo sia chi della vita - di tutta la vita - fa una missione di lotta ; - ma non fu mai vinto.
Fu avversato, fu ostacolato sulla via che percorreva con lo sguar­do fisso all'unica meta: la sempre maggiore elevazione del suo paese; ma le avversità, gli ostacoli egli frantumava senza deviare, affrontan­doli! - Fu invidiato e fu ammirato - fu odiato ma fu adorato.


E sulle lotte e sui trionfi - e sulle invidie e sulle ammirazioni -e sugli odii e sugli amori, Egli, ben saldo, la fronte alta, lo sguardo sereno, il volto illuminato dal sorriso - stette sempre

come torre ferma che non crolla

giammai la cima per soffiar di venti.


E così lo vedremo sempre - con gli occhi dell'animo - nel ricordo che mai si velerà se è vero - come è verissimo - che la riconoscenza e amore sono tutt' altro che vane parvenze.


E così i suoi concittadini ed i loro più lontani nepoti lo vedran­no e nel presente e nell' avvenire - perchè la Cinquefrondi di oggi -così nuova, così ridente, così rigenerata - non fu che dissodata dalla forza, abbellita dal sorriso, plasmata dall' amore dell'indimenticabile suo figlio Francesco Della Scala...


aprile 1934 - XII.

Arturo Borgese

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